C’è un dolore silenzioso che molti conoscono, ma di cui pochi parlano apertamente.
Un vuoto che non urla, ma scava.
È il ghosting: quando una persona improvvisamente scompare dalla tua vita, come se non fosse mai esistita. Nessun messaggio, nessuna spiegazione, nessuna chiusura. Solo silenzio.
Chi subisce ghosting si ritrova spesso confuso, ferito, pieno di domande.
“Ho sbagliato qualcosa?”
“Perché non ha avuto il coraggio di parlarmi?”
“Non valgo nemmeno una spiegazione?”
Il dolore non sta solo nella perdita del legame, ma nella mancanza di senso. Quando una relazione anche solo all’inizio viene interrotta senza parole, la mente fatica ad accettare. E inizia a costruire storie: si colpevolizza, si ridimensiona, si illude.
Ma il ghosting dice più sulla persona che scompare che su quella che resta.
Dietro il silenzio: cosa c’è davvero?
Chi fa ghosting non sempre è “cattivo”. Spesso è semplicemente incapace di gestire il disagio, il rifiuto o il confronto. Evita. Fugge. Preferisce svanire piuttosto che affrontare le emozioni proprie o altrui.
In un mondo sempre più digitale, dove le relazioni nascono e muoiono su uno schermo, è diventato fin troppo facile premere “non rispondere”. Ma dietro a ogni silenzio c’è una persona che sente, che si chiede, che avrebbe solo voluto chiarezza.
Come trasformare la ferita
Subire ghosting è doloroso. Ma può anche essere un’occasione per rivedere il proprio valore, i propri confini, le proprie scelte relazionali.
- Impariamo che chi ci ignora non ci definisce.
- Che non avere risposte è comunque una risposta.
- E che meritiamo legami fatti di presenza, anche nei momenti scomodi.
Il ritorno a sé
Invece di inseguire chi sparisce, possiamo tornare a noi. Ascoltarci. Curare quella parte che si è sentita non vista. E riconoscere che essere lasciati senza parole non significa non avere valore anzi, spesso significa che abbiamo avuto il coraggio di esserci dove l’altro non è riuscito.

Grazie