Sigmund Freud (1856–1939)
Padre della psicoanalisi
Obiettivo: curare la sofferenza psichica portando alla luce l’inconscio (Es, Io, Super-Io)
Friedrich Nietzsche (1844–1900)
Filosofo della vita, del caos e della trasformazione
Obiettivo: liberare l’individuo dalle catene morali e sociali, spingerlo a diventare ciò che è.
Sigmund Freud e Friedrich Nietzsche, due giganti del pensiero a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, pur non avendo mai avuto un incontro diretto, hanno intrapreso percorsi intellettuali sorprendentemente paralleli, tanto da essere definiti dal filosofo Paul Ricœur i “maestri del sospetto” insieme a Karl Marx. Entrambi si sono addentrati nei meandri della psiche umana, smascherando le illusioni della coscienza e mettendo in discussione i valori fondanti della civiltà occidentale. Sebbene le loro conclusioni e i loro metodi divergano in punti cruciali, l’analisi comparata del loro pensiero rivela una profonda sintonia nella diagnosi della crisi dell’uomo moderno.
La critica alla morale e alla religione rappresenta uno dei terreni d’indagine più fertili per un confronto. Nietzsche, con la sua “genealogia della morale”, ha decostruito i valori giudaico-cristiani, smascherandoli come una “morale da schiavi” nata dal risentimento dei deboli contro i forti. La compassione, l’umiltà e l’uguaglianza non sarebbero altro che strategie per addomesticare gli istinti vitali e la “volontà di potenza” degli spiriti superiori. La “morte di Dio”, annunciata da Nietzsche, è la presa di coscienza di questo crollo dei valori tradizionali e la necessità per l’uomo di diventare “Superuomo” (Übermensch), capace di creare nuovi valori al di là del bene e del male.
Anche Freud vede nella morale, e in particolare nella morale sessuale del suo tempo, una fonte di profondo disagio e nevrosi. Nel suo saggio “Il disagio della civiltà”, egli sostiene che la civiltà richiede la repressione delle pulsioni individuali (in primis quelle sessuali e aggressive) per garantire la convivenza sociale. Questa repressione, interiorizzata attraverso l’istanza psichica del Super-io, genera un costante senso di colpa e un’infelicità endemica. Se per Nietzsche la morale è un’invenzione dei deboli, per Freud è un’ineludibile, seppur dolorosa, necessità per la sopravvivenza della specie, una fonte di conflitto perenne tra le pulsioni dell’Es e le esigenze della società. La religione, per Freud, è una “illusione”, una nevrosi collettiva che proietta la figura protettiva del padre per lenire l’angoscia della condizione umana.
L’Inconscio e le Pulsioni: Volontà di Potenza contro Eros e Thanatos
Il concetto di una forza motrice inconscia che guida l’agire umano è centrale in entrambi i pensatori. Nietzsche, pur non elaborando una teoria sistematica dell’inconscio come Freud, ne ha intuito la potenza. La sua “volontà di potenza” è un impulso primordiale e irrazionale che pervade ogni essere e lo spinge all’autoaffermazione, alla crescita e al dominio. Non è una mera brama di potere, ma una forza creatrice e distruttrice che costituisce l’essenza stessa della vita.
Freud, dal canto suo, ha fatto dell’inconscio il fulcro della sua rivoluzione psicoanalitica. La psiche è un campo di battaglia di pulsioni. In una prima fase, il conflitto è tra pulsioni sessuali (Libido) e pulsioni dell’Io. In seguito, Freud riformulerà la sua teoria postulando un dualismo fondamentale tra Eros (pulsione di vita), che tende a creare e a unire, e Thanatos (pulsione di morte), una tendenza all’autodistruzione e al ritorno allo stato inorganico. Se la volontà di potenza nietzschiana è una forza espansiva e affermativa, il dualismo pulsionale freudiano introduce un elemento più cupo e irrisolvibile nel cuore dell’esistenza umana.
L’Io in Conflitto e l’Oltreuomo
La concezione del soggetto è un altro punto di divergenza e contatto. Per Freud, l’Io non è “padrone in casa propria”. È una struttura fragile, costantemente assediata dalle rivendicazioni dell’Es (il serbatoio delle pulsioni), dalle censure del Super-io (l’interiorizzazione delle norme morali) e dalle esigenze della realtà esterna. L’Io freudiano è un’entità in perenne conflitto, la cui sanità dipende da un precario equilibrio.
Nietzsche, invece, prefigura la possibilità di un superamento di questa condizione di frammentazione. Il suo Superuomo è colui che, dopo aver preso atto della morte di Dio e aver accettato la prospettiva dell’ “eterno ritorno dell’uguale”, si fa creatore dei propri valori. Egli è un individuo che ha integrato la sua componente dionisiaca (istintuale, caotica) e apollinea (razionale, ordinata), raggiungendo una forma superiore di esistenza. L’Io nietzschiano non è da sanare, ma da superare in una nuova sintesi.
Un’Influenza Negata ma Evidente
Nonostante le numerose assonanze tematiche, Freud ha sempre minimizzato, se non negato, un’influenza diretta del pensiero di Nietzsche sulla sua opera, sostenendo di averlo letto solo in tarda età per non subire condizionamenti. Tuttavia, è storicamente accertato che Freud conoscesse il pensiero del filosofo tedesco sin dalla sua giovinezza e che fosse discusso nei circoli intellettuali che frequentava. Molti concetti freudiani, come la sublimazione (la deviazione delle pulsioni sessuali verso mete socialmente accettabili), la rimozione e lo stesso metodo genealogico applicato alla morale e alla religione, sembrano avere un debito significativo nei confronti delle intuizioni nietzschiane.
In conclusione, Freud e Nietzsche si ergono come due sismografi della crisi della modernità. Entrambi hanno squarciato il velo delle certezze borghesi, mostrando le forze oscure e irrazionali che si celano dietro la facciata della ragione e della morale. Mentre Nietzsche propone una via d’uscita aristocratica e profetica nella figura del Superuomo, Freud offre una diagnosi clinica, più pessimistica e universale, del disagio ineludibile dell’essere umano in seno alla civiltà. L’uno è il filosofo con il martello che distrugge per creare nuovi orizzonti, l’altro è l’archeologo dell’anima che scava per portare alla luce le radici profonde e spesso dolorose del nostro essere.

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